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Contributo mantenimento nonno PDF Stampa E-mail
Trib. Messina Sez. I, Sent., 25-02-2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MESSINA - I sezione civile

avente per oggetto: opposizione ex art. 316 bis c.c.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso ex art. 148 c.c. depositato in data 21.01.2014 P.C. chiedeva che fosse ordinato a S.A., nonno paterna dei di lei figlio S.A. nato a M. il (...), di versare all'istante un assegno mensile a titolo di contributo per il mantenimento di quest'ultimo, in quanto il padre, S.P., coniuge separato, non versava l'assegno di mantenimento pari ad Euro 350,00 mensili, stabilito con gli accordi di separazione omologati con decreto del 17.07.2007. Instaurato il contraddittorio nessuno si costituiva per S.A. e con decreto emesso il 21.03.2014 il Giudice delegato dal Presidente del Tribunale ordinava a S.A. nato a M. il (...), di versare alla ricorrente un assegno mensile pari a Euro 350,00 a titolo di contributo per il mantenimento del figlio S.A. nato a M. il (...).

Con atto di citazione notificato il 28.04.2014 S.A., nato a M. il (...), proponeva opposizione, lamentando che nel procedimento monitorio non era stato sentito l'inadempiente, come prescritto dall'art. 148 c.c., e che comunque non sussistevano i presupposti per l'attribuzione alla P. di un assegno, posto che il padre del minore S.P. lavorava, che la ricorrente non aveva esperito le necessarie procedure esecutive nei suoi confronti, che egli percepiva una pensione di circa Euro 2.000,00 mensili, anziché di Euro 2.500,00 come affermato nel provvedimento oggetto di opposizione, che il mantenimento avrebbe dovuto essere commisurato alla situazione economica dei genitori del minore e non a quella dei nonni.

Si costituiva P.C. che contestava la fondatezza dell'opposizione, evidenziando che S.A. era stato regolarmente citato per essere sentito nel procedimento monitorio ed era stata una sua scelta quella di non costituirsi; rilevava che S.P. non aveva redditi, ancorché fosse emerso che lavorava presso una cooperativa sociale con sede in A. (S.), che il reddito percepito dall'ascendente paterno era tale da giustificare, in relazione alle esigenze del minore, l'assegno stabilito con il provvedimento monitorio.

Non veniva espletata istruttoria e, all'udienza del 19.11.2016, il Giudice invitava i procuratori delle parti a precisare le conclusioni ed assegnava la causa a sentenza concedendo i termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.

L'opposizione è infondata e va, pertanto, rigettata.

Come è noto, l'art. 147 c.c. impone ai genitori l'obbligo di mantenere i propri figli. Tale obbligo grava su di questi ultimi in modo primario ed integrale, il che comporta che se l'uno dei due non voglia o non possa adempiere, l'altro deve farvi fronte con tutte le sue risorse patrimoniali e reddituali. Solo in via sussidiaria, dunque succedanea, si concretizza l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere nei confronti dei figli previsto dall'art. 316 bis c.c. (corrispondente all'originario art. 148 c.c., oggi abrogato). Va osservato che l'obbligo degli ascendenti non costituisce un vero e proprio obbligo di mantenere i nipoti e non ha, pertanto, come beneficiari diretti questi ultimi: la norma, infatti, attribuisce il diritto di credito non già alle persone i cui bisogni devono essere soddisfatti (la prole), bensì ad altri soggetti (i genitori), ai quali spetta iure proprio il diritto di pretendere l'adempimento di tale obbligazione. L'obbligo degli ascendenti, in ogni caso, trova ingresso non già perché uno dei due genitori sia rimasto inadempiente al proprio obbligo, ma se ed in quanto entrambi i genitori non abbiano mezzi per provvedervi.

L'art. 316 bis comma 2 c.c. prevede, poi, un procedimento speciale semplificato che è ritenuto un rimedio sommario ed urgente, cioè di pronta emanazione (cui segue infatti ed eventualmente il giudizio a cognizione piena con l'opposizione ad esso, con previsione di termini processuali acceleratori), che si introduce con ricorso e disegnato dal legislatore a cognizione monocratica ancor prima della riforma al codice di rito del 1990, con unica competenza funzionale avanti al Tribunale ordinario e nella persona del suo Presidente.

Da quanto si è detto sopra discende che quando l'art. 148 c.c. (ed oggi l'art. 316 bis c.c.) prescrive che venga sentito "l'inadempiente" non debba procedersi all'audizione del genitore del minore che non provvede al pagamento dell'assegno, poiché l'inadempimento che viene in considerazione è direttamente quello dei nonni tenuti a far fronte alle necessità dei nipoti quando i genitori di questi ultimi non siano nelle condizioni economiche per potervi provvedere direttamente. Nel caso in esame non occorreva, pertanto, sentire S.P., mentre è stata correttamente disposta l'instaurazione del contraddittorio nei confronti di S.A. nato a M. il (...), che però non si è costituito.

Quanto alle contestazioni relative ala sussistenza dei presupposti sostanziali per il riconoscimento di un assegno a carico dell'opponente, è ben vero che non ci si possa rivolgere agli ascendenti per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento del figlio, né può avere alcuna importanza che il genitore inadempiente sia proprio il figlio (o, comunque, il discendente) degli ascendenti escussi: questi ultimi, infatti, non sono affatto i fideiussori delle obbligazioni che con il matrimonio o con la filiazione i loro discendenti assumono, in quanto la solidarietà familiare, nel nostro ordinamento, al di fuori della famiglia nucleare, non comporta mai una responsabilità patrimoniale sussidiaria di carattere generale per i debiti dei propri discendenti. Va, nondimeno, osservato che presupposto per la nascita dell'obbligo degli ascendenti di integrare le finanze dei genitori non è già il requisito dello "stato di bisogno" previsto dall'art. 438 c.c., bensì il requisito della "insufficienza dei mezzi", che va apprezzata con riferimento all'incapacità dei genitori di "mantenere" il figlio minore, cioè di garantire con il proprio patrimonio e con i propri redditi non solo il soddisfacimento delle sue esigenze primarie, ma anche quanto necessario al pieno sviluppo della sua personalità e dunque, per esempio, il gioco e lo svago; inoltre, al fine di valutare la sussistenza di detto requisito, la circostanza relativa all'inutile esperimento di procedure esecutive a carico del genitore tenuto al pagamento dell'assegno di mantenimento è solo un elemento di prova avente valore sintomatico, ma la prova può essere raggiunta anche in altro modo e nel caso di specie lo stesso opponente ha documentato che il figlio P. è stato assunto quale lavoratore subordinato a tempo parziale dal 26.08.2013 per solo 12 ore settimanali, con la qualifica di assistente domiciliare, sicché è evidente che da tale lavoro lo stesso non può trarre redditi adeguati al mantenimento del figlio. L'insufficienza dei mezzi, d'altronde, non deve essere intesa in senso assoluto come totale incapacità di mantenere i figli ed al contrario, nella maggioranza dei casi, i genitori sono solo parzialmente incapaci di provvedere alla prole, con la conseguenza che il loro contributo deve essere integrato e non sostituito da quello degli ascendenti.

Condivisibile appare anche l'argomentazione dell'opponente secondo la quale i vincoli di solidarietà che esistono, in base al nostro ordinamento, nella famiglia in senso più ampio sono sottoposti a ben precisi limiti, con la conseguenza che il livello del tenore di vita cui ogni minore ha diritto è dato soltanto dalle condizioni economiche dei propri genitori e non anche da quelle dei nonni, ma nel caso in esame ciò non può certamente condurre ad escludere l'obbligo dell'ascendente paterno di corrispondere l'asegno nela misura indicata nel provvedimento monitorio oggetto di opposizione, tenuto conto che il tenore di vita di cui il minore ha diritto può desumersi dalle stesse statuizioni emesse nell'ambito del giudizio di separazione personale tra i genitori del predetto minore, statuizioni che prevedevano a carico di S.P. la corresponsione di un assegno di mantenimento pari a Euro 350,00; peraltro, tale somma venne stabilita nell'anno 2007, quando le esigenze del minore erano certamente inferiori rispetto a quelle attuali, avendo oramai il ragazzo raggiunto l'età dell'adolescenza.

Quanto, infine, all'asserita sproporzione tra il reddito dell'opponente, che percepisce una pensione mensile di circa Euro 2.058,00, e l'ammontare dell'assegno stabilito con il provvedimento monitorio, va osservato che la documentazione acquisita in sede monitoria sule condizioni reddituali dell'opponente non viene certo smentita dal "cedolino" prodotto relativo al solo mese di marzo 2014 e, in ogni caso, considerando da un lato che la pensione viene di regola corrisposta sulla base di tredici mensilità e, dall'altro lato, le insopprimibili esigenze del minore, appare equa la misura dell'assegno prevista nel provvedimento opposto.

Alla stregua delle superiori con siderazioni l'opposizione va rigettata ed il decreto opposto emesso dal Giudice Delegato dal Presidente del Tribunale in data 21.03.2014 va integralmente confermato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste, pertanto, a carico dell'opponente. Le stesse, avuto riguardo alla entità della causa ed alle questioni trattate, applicati i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, possono liquidarsi in complessivi Euro 2.425,00 di cui Euro 875,00 per fase studio, Euro 740,00 per fase introduttiva, Euro 810,00 per fase decisoria, oltre spese generali nella misura del 15 % dei compensi, I.V.A. e c.p.a.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica, sentiti i procuratori delle parti, disattesa ogni contraria, istanza eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa di promossa con atto di citazione notificato il 28.04.2014 da S.A., nato a M. il (...), nei confronti di P.C., rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma integralmente il decreto opposto emesso dal Giudice Delegato dal Presidente del Tribunale in data 21.03.2014; condanna l'opponente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2.425,00 di cui Euro 875,00 per fase studio, Euro 740,00 per fase introduttiva, Euro 810,00 per fase decisoria, oltre spese generali nella misura del 15 % dei compensi, I.V.A. e c.p.a.

Così deciso in Messina, il 24 febbraio 2016.

Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2016

 
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